Sentieri di montagna, pietra, legno, frammenti di cultura alpina. In Valle d’Aosta la valle di Gressoney o valle del Lys, guardata a vista dal massiccio del Monte Rosa, è terra di confini e di popoli che li hanno scavalcati. Terra di walser.
Da Pont-Saint-Martin, porta d’ingresso della Valle d’Aosta arrivando via terra dal Piemonte, bastano pochi chilometri in direzione Gressoney per accorgersi che la valle del Lys, così chiamata dal nome del torrente che la attraversa, è diversa dalle altre vallate valdostane, specialmente da Issime in avanti.
Ora dovrei spiegarti chi sono i walser e come il loro insediamento a Gressoney e dintorni ha cambiato volto alla valle. Ma voglio prima raccontarti di un posticino in quota che, meglio di qualunque precisazione storica, esprime l’identità di questo popolo.
Escursione in quota ad Alpenzu Piccolo
Dall’alto dei suoi 1.801 metri, il villaggio di Alpenzu Piccolo o Lecko Albezo o ancora Léckalbezò guarda Gressoney-Saint-Jean adagiata sul fondo della valle a 1.385 metri.
Alpenzu Piccolo, un concentrato di genuina cultura walser, si raggiunge unicamente a piedi.
Partiamo duecento metri più in basso nei pressi di Lysbalma o Léschelbalmò (1.634 metri), gruppetto di case che si incontra dopo aver superato in auto Gressoney-Saint-Jean, un chilometro prima di entrare nel centro di Gressoney-La-Trinité, l’ultimo paesino della valle.
Con la strada principale, la SR 44, dritta davanti a noi che si infila in una galleria e una stradina che scende a destra verso Lysbalma, dove abbiamo lasciato l’auto, inforchiamo sulla sinistra il sentiero identificato dal segnavia W che si inerpica su per il bosco di conifere.
Camminiamo letteralmente sulle orme dei walser. Questo percorso, infatti, è parte del Grande Sentiero Walser, l’itinerario che gli antichi walser tracciarono nella loro migrazione dalla Svizzera, di cui ti racconterò tra poco.
Io con lo zaino in spalla e Livio con la nostra piccola Vittoria accoccolata in fascia, saliamo fino a sfiorare le distese degli alpeggi. Il cielo è screziato di nuvole; corrono spedite, annebbiano le creste, passano oltre.
Noi ci muoviamo senza fretta. Un’oretta dopo siamo ad Alpenzu Piccolo, fiato corto e occhi pieni di stupore.
Alla scoperta di Alpenzu Piccolo
Siamo soli. Ad accoglierci un venticello che culla gli stadel, le tradizionali case walser in legno di larice e pietra. Da trecento anni si affacciano sulla valle di Gressoney. Imperturbabili, ricordano il tempo che fu. Un tempo non troppo lontano se consideriamo che furono abitati fino all’inizio del Novecento.
A monte delle case, i campi terrazzati e le malghe svelano l’anima rurale dei walser, agricoltori e allevatori. A valle delle case, il versante rotola ripido verso valle. Laggiù distinguo, microscopici, gli edifici di Gressoney-Saint-Jean ai lati del Lys e, nel fitto dei boschi che sovrastano il paese, le torri di Castel Savoia, meta imperdibile di un viaggio a Gressoney.
L’aria scivola sulle piazze d’erba di Alpenzu Piccolo, si intrufola tra le case, accarezza il legno annerito, scricchiola sui ballatoi che il peso del tempo ha reso qua e là ondulati.
Poi sale in alto, soffia sulle lose ordinate dei tetti, smuove la chioma del grande sorbo, riconosciuto come albero monumentale, che veglia sul villaggio da oltre 200 anni.
L’unico edificio rasato, tinteggiato e decorato è la chiesetta. Sbircio all’interno dalle inferriate di una finestrella e mi sale al naso un profumo di margherite; viene dal vasetto di fiori di campo recisi appoggiato sul davanzale.
Nessuno vive più quassù, non stabilmente almeno, ma qualcuno deve pur andarci. Non può essere soltanto l’anima dei walser a tenere vivo il villaggio. Ce lo suggeriscono i vasi fioriti sui balconi, ce lo confermano i pizzi e i merletti alle finestre.
Cultura walser nell’alta valle del Lys
All’incirca mille anni fa, dal Vallese svizzero i walser (contrazione del tedesco “wallisier” ossia “vallesano”) migrarono verso sud superando i valichi alpini.
Sono sempre stati un popolo in marcia, i walser. Discendono dagli Alemanni originari della Svevia, oggi Germania sud-occidentale, che in tempi remoti – a partire dal 400 d.C. – iniziarono a spostarsi colonizzando le terre dell’attuale Svizzera. Ma non si fermarono: quasi sette secoli dopo si spinsero ancora più a sud, addentrandosi nelle vallate del Monte Rosa.
Qui si stabilirono portando con sé lingua (dialetti di matrice tedesca come il titsch), usi, costumi e stili architettonici che ancora oggi contraddistinguono le terre di confine fra Valle d’Aosta e Alto Piemonte.
Per conoscere da vicino questa comunità c’è l’Ecomuseo Walser che – ahimè – non ho potuto visitare a Gressoney-La-Trinité, in cima alla valle del Lys.
Ma sono moltissime, sparse come briciole fra borgate in pietra e legno, nascoste da cascate di gerani e petunie alle finestre, le tracce della cultura walser.
Le percepisco in cucina. Penso ai chnéffléne, gnocchetti molto simili agli spätzle tirolesi, che ho assaggiato in una versione deliziosa realizzata con farina di castagne, conditi con un formaggio erborinato, il Blue d’Aoste.
Prima ancora, le incontro nei nomi lungo la strada che attraversa l’alta valle del Lys da Issime, passando per Gaby, Gressoney-Saint-Jean e infine Gressoney-La-Trinité: nomi di derivazione germanica, lontani sia dall’italiano che dal francese, entrambe riconosciute come lingue ufficiali dallo Statuto autonomo della Regione Valle d’Aosta.
Case walser nella valle di Gressoney
Soprattutto, riconosco l’impronta dei walser nell’architettura che diversifica questa valle dalle altre valdostane.
Le case tipiche dei walser, gli stadel, sono di pietra nella parte inferiore, dove c’erano la cantina, la stalla e la zona abitativa, di legno nella parte superiore, realizzata con tronchi sovrapposti orizzontalmente (è la tecnica blockbau), che ospitava il granaio.
Quest’ultimo era separato dalla zona sottostante da piccoli pilastri a forma di fungo che impedivano l’accesso ai roditori e tenevano lontana l’umidità.
Per costruire le strutture in legno, i walser adottavano un sistema oggi definito dagli architetti blockbau, che prevede la sovrapposizione orizzontale di tronchi o travi.
A partire dal Seicento, le case iniziarono ad essere strutturate su più piani con ampi balconi in legno per far essiccare il fieno, gli stessi che oggi ammiro ricolmi di fiori, e piccoli granai adiacenti all’edificio principale.
Gli stadel più antichi di Gressoney
I funghi su cui poggiano le costruzioni meno recenti sono ben visibili ai margini di una minuscola borgata sopra Gressoney-Saint-Jean. Ci arriviamo in auto percorrendo la strada che conduce a Castel Savoia e proseguendo oltre, come trovo scritto sul web.
Da qui in poi, però, serviranno le buone vecchie indicazioni di qualcuno del posto. Superiamo Tschalvrino o Cialvrina e continuiamo a salire lungo la strada, ormai stretta e di asfalto rattoppato. Quattro chilometri dopo Castel Savoia e 400 metri più in alto, all’ennesima curva vediamo diramarsi sulla sinistra una stradicciola sterrata che digrada verso alcune case.
Fine della corsa. Andro Tschalvrinò, a quasi 1.800 metri sul livello del mare, è la nostra meta.
Procediamo a piedi tra case walser restaurate e vissute. Tende ricamate alle finestre, dettagli in ferro battuto. A distanza, scorgo due costruzioni più piccole lasciate a morire.
Sono gli stadel che cercavo, legno scuro e funghi in pietra alla base. Due eremiti su pendii di boschi e prati inselvatichiti dal tempo. Erosi dal vento, dal gelo e dal sole, son lassù da quasi cinquecento inverni, fra i più antichi testimoni della comunità walser nella valle del Lys.
Info pratiche
Per raggiungere a piedi la borgata Alpenzu Piccolo e per arrivare in auto alla borgata Andro Tschalvrinò, ho utilizzato Maps.me, app scaricabile sia su Android che su iOS.
Ho imparato a conoscerla (ed apprezzarla) su suggerimento di Curitiba Tour Operator e voglio a mia volta consigliartela per tre motivi:
- è un’app gratuita
- funziona in assenza di connessione: basta scaricare prima le mappe delle regioni di interesse per avere sempre a portata di mano, anche offline, un navigatore via GPS sia per le camminate che per i percorsi in auto
- ha un livello di precisione che non ho mai riscontrato in nessun altro navigatore, tanto da indicare la più piccola mulattiera, anche laddove scarseggiano i segnavia fisici, le fontane dove abbeverarsi e i punti panoramici migliori
Se hai dubbi o domande per organizzare al meglio il tuo viaggio sulle tracce dei walser nella valle di Gressoney, contattami. Sarò felice di aiutarti!