Passeggiare per le vie di Brugge – Bruges per dirla alla francese – è come stare dentro una sfera di cristallo, una boule de neige senza neige (in estate, perlomeno). Nelle Fiandre a Bruges è tutto tirato a lucido: i palazzi medievali, i dehors dei locali, le leccornie in vetrina, le carrozze trainate da cavalli, i canali affollati di barche, i cigni sornioni.
Quando ho chiesto alla mia amica belga qualche suggerimento per il mio viaggio nelle Fiandre, nel Belgio settentrionale, mi ha elencato località da scoprire, attività da fare, ma, per prima cosa, mi ha detto di visitare Bruges, “la plus jolie ville de Belgique” (Emilie è belga francofona). Non ha aggiunto altro, non mi ha dato indicazioni sulle attrazioni da non perdere, solo il consiglio – o l’imperativo? – di andarci.
Aveva ragione. Bruges non lascia niente al caso, una bolla trasparente l’avvolge e respinge tutto ciò che non è consono: nessuna cartaccia a terra, nessun graffito o sproloquio sui muri, nessun ubriaco nei vicoli più bui, nessun reietto sui marciapiedi. Persino i fiori che decorano gli ingressi di negozi e locali, sono finti, ché le piante vere non sarebbero altrettanto scenografiche.
Dov’è il retro della medaglia? Dove nasconde i suoi segreti, la città? In parte lo scoprirò durante una passeggiata all’alba: ti racconterò tra poco.
Qui sotto trovi la mappa del mio viaggio nelle Fiandre a Bruges con i luoghi di cui sto per parlarti (e, evidenziato in azzurro, l’itinerario della crociera sui canali); a fondo pagina troverai alcune informazioni utili su tempi di visita, spostamenti, cibo e bambini.
Bruges o Brugge?
Prima, una precisazione. In Italia conosciamo questa città belga come Bruges, nome francese, ma per chi la abita è Brugge. Del resto siamo nelle Fiandre, e i fiamminghi – belgi del Nord che parlano un olandese simile a quello di Amsterdam – difendono con tenacia la loro identità storica, culturale e linguistica da quella dei valloni – francofoni, che abitano il Belgio meridionale.
Perché, allora, francesizzare la città di un Paese per (l’altra) metà di lingua francese? Io, da qui in avanti, parlerò di Brugge.
Nei nostri giorni trascorsi in città ho capito che, se vuoi fuggire dalla folla e goderti Brugge in tranquillità anche in piena estate (oppure a Natale), hai due opzioni: nelle ore di maggiore affluenza scegli i luoghi e i quartieri meno battuti, ma pur sempre intrisi di suggestioni; punta la sveglia molto presto per una passeggiata in solitaria in pieno centro.
È così che ho scoperto i lati più nascosti, e veri, della città. Vieni con me, partiamo!
Il Begijnhof di Brugge
Dove il silenzio ha voce
“Ascolta come il silenzio sussurra una storia, un nome”: scorgo quest’invito – in fiammingo Hoor hoe de stilte een verhaal fluistert, een naam – impresso su un muro imbiancato a calce nel Beghinaggio, il (solo) luogo di Brugge che, da ottocento anni, dà voce al silenzio.
Come tutti i Beghinaggi (Begijnhof), molto diffusi nelle Fiandre così come nei Paesi Bassi, anche quello di Brugge è fisicamente isolato dal resto della città. È una specie di villaggio invisibile, cinto da mura e accessibile da due soli portoni che, ogni giorno, vengono chiusi al tramonto.
Noi accediamo dal portone più vicino al cosiddetto lago dell’amore, il Minnewater. Ci lasciamo alle spalle i riflessi del laghetto, il vociare dei turisti in corsa, le anatre, i cigni e i cocchieri in sosta su Wijngaardplein, ed entriamo in un Altrove ovattato.
Le case appena oltre l’ingresso hanno fiori e pizzi alle finestre, e muri in mattoni che affondano nell’acqua, sottile propaggine del canale esterno al Begijnhof.
Più avanti, raggiungiamo il cuore del Beghinaggio: un cortile ombreggiato da tigli e pioppi, su cui si affacciano decine di case bianche con finestre intelaiate di nero, petunie bianche e rosa davanti agli ingressi, gerani sui davanzali, porticine ad arco che si aprono su giardini di ortensie e rose o su un minuscolo chiostro.
Tra le fronde degli alberi intravedo il profilo severo della Chiesa del Beghinaggio. Finita una celebrazione, ne escono alcune monache; sguardo basso, si dileguano oltre i capannelli di forestieri in visita e spariscono dietro le porte di casa.
Breve storia del Begijnhof
Nato a metà Duecento, il Begijnhof di Brugge fu abitato per secoli dalle beghine, donne nubili o vedove che sceglievano di dedicarsi alla preghiera e alle opere di bene, vivendo insieme in una comunità chiusa, pur senza prendere i voti o rinunciare alla loro emancipazione. Un buon compromesso, diremmo oggi, quando la scelta obbligata per una donna era fra il matrimonio e la vita monastica.
Con il venir meno delle ultime beghine, dal 1927 il Beghinaggio di Brugge, oggi Patrimonio UNESCO, è abitato da monache e donne sole.
Se ti ha incuriosito questa realtà, ti consiglio di scoprire anche il cortile delle Beghine ad Amsterdam.
Nel cuore di Brugge senza ressa
Svegliarsi all’alba in viaggio ha diversi lati positivi; il tempo a disposizione si dilata, ad esempio, e la gente in circolazione è poca.
Esco dall’hotel in centro a Brugge in Katelijnestraat poco dopo le 6 di mattina, quando il buio si dissolve e la città ha ancora gli occhi stropicciati; il cielo, dietro il campanile della Chiesa gotica di Nostro Signore, promette una giornata di sole, per ora l’aria punge.
Due passi all’alba fino al Markt
Passo dopo passo, le vetrine illuminate, incastonate nei palazzi di mattoni a vista, reclamano la mia attenzione: eleganti scatole di cioccolatini, piramidi di praline alle nocciole, all’arancia, allo zenzero, tavolette di cioccolato incartate, esposizioni di merletti, centrini e arazzi, luci aranciate sospese sopra i tavolini dei caffè ancora chiusi.
In giro nessun rumore, tolto quello di una bici in corsa sui sampietrini; non c’è anima viva neppure nel Markt, la splendida piazza del mercato, di giorno affollatissima.
Fa impressione muoversi nel silenzio di questo spazio enorme, cinto da decine di palazzi e, sul lato est, dal complesso neogotico che oggi ospita il governo provinciale delle Fiandre occidentali – nel Medioevo qui sorgeva la “galleria sull’acqua”, un magazzino di carico e scarico merci per le navi.
A rapirmi sono le case con le facciate colorate e i frontoni a gradoni che ritagliano a zig zag l’orizzonte nord della piazza. Sedi delle corporazioni medievali, come quella dei pescatori e pescivendoli e quella dei tegolari, furono in parte ricostruite nel Cinque-Seicento, conservando lo stampo gotico originario. Oggi hanno insegne di ristoranti, pizzerie, caffè; ai loro piedi, uno stuolo di tende, ombrelloni, tavoli e menu ben in vista.
Sul lato opposto del Markt incombe la mole imponente del Belfort, la torre civica di fine Duecento che sorveglia la piazza dall’alto dei suoi 83 metri.
Le brutture nascoste di Brugge
Nel Markt vedo anche altro, meno grandioso ma ingombrante. Me ne accorgo quando mi sale al naso un sentore nauseante di patatine fritte.
Patatine fritte, di primo mattino? Sì, sono dappertutto, avanzi degli spuntini di ieri: sono in bilico sopra cestini stracolmi, a terra in mezzo a cartocci da asporto, fra lattine e tovaglioli spiegazzati; sono sparpagliate da ali e becchi in movimento, come se tutti i gabbiani di Brugge fossero riuniti qui per un gran banchetto, venghino signori venghino!
Al passaggio di una bici, gli uccelli si alzano in volo, tutti insieme, e io li seguo con lo sguardo. Nel cielo, poco fa sgombro di nuvole, è comparsa una foschia striata di rosa, lilla e pesca; si addensa rapida intorno al Belfort e scende giù, sempre più giù.
È come se Brugge, la città linda e perfetta, ponesse un velo tra me e le schifezze del sovraffollamento turistico, per nascondermele alla vista.
Mi allontano dal Markt alle 7.30, quand’è in arrivo il netturbino; tra poco tutto tornerà in ordine. Ben sincronizzati, si materializzano i primi gruppetti con telefoni e fotocamere pronti.
Fra i canali e i ponti di Brugge
Imbocco Wollestraat, diretta verso un altro luogo iconico della città.
Da un lato all’altro della via rimbalzano vetrine di cioccolaterie: ne incontro dieci in poco più di 100 metri, tutte a professarsi la migliore di Brugge, o del Belgio.
Wollestraat sfocia in un ponte sul canale Dijver, che a sinistra crea un’ampia ansa appena oltre la chioma cadente di un albero, capitozzata di netto per agevolare il passaggio delle imbarcazioni. A quest’ora, però, sono ferme, un solo cigno smuove dolcemente l’acqua.
Eccoci al Rozenhoedkaai, letteralmente “molo dei rosari”, perché un tempo qui si vendevano rosari. Mi fermo nel punto esatto in cui il canale curva a gomito aprendo il campo visivo dal campanile di Nostra Signora fino al Belfort, sotto una schiera di edifici in mattoni e legno. Quanta bellezza, duplicata sulla superficie del Dijver: naturale che qui ci sia sempre tanto trambusto (tranne che di prima mattina).
Dal Rozenhoedkaai faccio ritorno in Katelijnestraat attraversando due ponti incantevoli, il St-Bonifaciusbrug e il Mariabrug.
Il ponticello pedonale di San Bonifacio (il St-Bonifaciusbrug), in pietra e a schiena d’asino, guarda le vetrate e le guglie della Chiesa di Nostra Signora, i bovindi in legno scuro sospesi sull’acqua e un piccolo parco ombreggiato, Hof Arents.
Il ponte di Maria (il Mariabrug) offre una delle vedute più riconoscibili di Brugge: le vetrate dell’ospedale medievale di San Giovanni, rimasto operativo per ben 800 anni fino agli anni Settanta del Novecento.
Quartieri di fascino e quiete
Come ti ho anticipato, un altro modo per godere della bellezza di Brugge senza orde di turisti, anche in pieno giorno, è gironzolare tra i quartieri che si aprono appena oltre le vie consumate da milioni di passi. È così che mi sono imbattuta in angoli speciali di Brugge che, altrimenti, non avrei mai scovato.
Quartiere anseatico
È tardo pomeriggio quando superiamo il Markt, gremito, e il vicinissimo Burg, la piazza del Municipio altrettanto assiepata, senza una meta precisa.
Andiamo in direzione nord, anche se le pagine della mia guida non segnalano attrattive particolari, tranne un edificio, Huis Ter Beurze – in cui nacque la prima Borsa valori al mondo – che poi, nella foga di scoprire nuovi scorci di Brugge, dimenticherò di rintracciare.
Poco male, nell’antico quartiere degli affari di Brugge ci arriviamo comunque. È il caso a condurci in piazza Jan van Eyck: una cornice di palazzi con decori sulle facciate in mattoni e splendidi frontoni, i lampioni fioriti, l’ombra degli alberi sui tavolini all’aperto, la statua del pittore fiammingo van Eyck, la fine di un canale, o il suo inizio.
Sì, perché qui – lo scoprirò una volta tornata a casa – nel Medioevo c’erano la dogana e il porto; ogni giorno era un andirivieni di commercianti da tutta Europa, babele di lingue, di caricatori e scaricatori di navi. Brugge era all’apice della sua potenza nella Lega Anseatica, alleanza commerciale che univa le più ricche e dinamiche città nordeuropee.
Ci avviciniamo al canale incuneato fra eleganti palazzi, lo affianchiamo per un tratto, superiamo un ponte e ci infiliamo in una via laterale. Lo scenario cambia completamente.
Quartiere di Sant’Anna
Le strade si fanno strette tra file di case a uno o due piani. Le facciate, in mattoni o intonacate di bianco o giallo, non hanno fronzoli, le tegole dei tetti piombano quasi in verticale appena sopra le porte di ingresso, gli infissi si accendono di blu, verde, rosso, le biciclette aspettano pazienti, appoggiate ai muri.
Eccoci nel quartiere popolare di Sant’Anna, mosaico di case operaie, bellezza meno artefatta, silenziosa.
Attraversiamo stradine dai nomi evocativi come Peperstraat (via del pepe), ammiriamo i piccoli giardini degli ospizi di carità in Stijn Streuvelsstraat, e arriviamo ai piedi del settecentesco mulino Sint-Janshuis.
In cima a una collinetta fitta d’erba, è uno dei quattro mulini a vento rimasti dei venticinque che per secoli hanno abbellito i bastioni cittadini; è l’unico a macinare tutt’oggi il grano.
Siamo ai margini nord-orientali del centro cittadino, là dove finiscono le case; le cinge la striscia di verde con i mulini, poi il canale su cui transitano le chiatte per il trasporto merci.
Brugge, città sull’acqua
Ha sempre vissuto sull’acqua, Brugge, e sull’acqua ha fondato la sua ricchezza.
Gli alti e i bassi nei secoli
Grazie al collegamento naturale con il vicino mare del Nord, a partire dall’anno Mille presero piede i commerci, via via più floridi; mercanti da tutta Europa si stabilirono a Brugge e la trasformarono in un centro internazionale di prim’ordine degli scambi marittimi.
Lo spazio urbano si arricchì di palazzi signorili e di Chiese, fiorirono arti e mestieri, nacque il primo mercato azionario al mondo nel palazzo dei Van der Beurze (quello che, alla fine, non ho visto nel quartiere anseatico), da cui il nome “Borsa”.
Il culmine della prosperità arrivò fra Trecento e Quattrocento; ma a fine secolo, il collegamento con il mare finì insabbiato e il prestigio di Brugge, già insidiato da tensioni a tema tasse e privilegi, venne meno. Fu l’inizio della fine, il declino delle potenti corporazioni, l’abbandono delle case, il vuoto nelle strade e nei canali asciutti. Le rotte marittime della Lega Anseatica si spostarono ad Anversa.
Ma, si sa, non tutto il male vien per nuocere. Fu proprio il lungo crepuscolo in cui cadde la città a preservarla intatta per secoli, nascosta ai più; oggi Brugge è più viva e splendente che mai, sotto l’insegna di città medievale meglio conservata d’Europa.
È il turismo, bellezza
Il collegamento di Brugge con il mare è stato ripristinato ad inizio Novecento, ma soprattutto ha ripreso con vigore il viavai di gente. Non più mercanti, ma turisti d’assalto: strade aggredite, canali stipati di barche, babilonia sfiancante.
“È il turismo, bellezza”, direbbe qualcuno. Turismo che, solo nel 2023, ha toccato quota 8,3 milioni di visitatori per una città che conta a malapena 120 mila abitanti.
Come sarà vivere qui? L’ho chiesto ad un uomo che ho incontrato sul Mariabrug durante la mia passeggiata all’alba.
Camminava lento con il suo Golden retriever, occhi celesti e miti, t-shirt leggera, incurante dei 14 gradi. Sorpreso dalla mia domanda, si è guardato intorno e mi ha sorriso: “Si sta bene, adesso”; in effetti, non c’era nessuno in giro. “Ma i turisti sono tanti, sempre, ogni giorno dell’anno”.
Il problema maggiore – mi ha spiegato in un buon inglese – sono le gite in giornata: gente che arriva, corre qualche ora su e giù tra le mete più gettonate, fa una crociera sui canali e via, tanto trambusto ma poca economia per la città.
Per questo sono in discussione progetti per disincentivare il turismo mordi e fuggi e tutelare il benessere dei residenti – o forse era un suo desiderio personale? Non l’ho ben capito.
D’altra parte, mi ha detto, “se non ti piacciono i turisti, non vivi a Brugge. È bello poter incontrare persone da mezzo mondo, ti fa tenere la mente sempre aperta”.
Info pratiche per un viaggio a Brugge
Quanto tempo occorre per visitare Brugge
Nel nostro viaggio nelle Fiandre abbiamo soggiornato per tre notti a Brugge, dedicando una giornata al mare del Nord (ti racconterò della costa belga in un altro post).
Il centro di Brugge è raccolto, visitabile in una giornata, e le distanze tra le principali città sono brevi (mezz’ora di treno per la tratta Gent-Brugge, un’ora e venti per Bruxelles-Brugge); tuttavia, il mio consiglio è di fermarsi almeno una notte a Brugge, per tre motivi:
- nelle ore centrali della giornata la città è sovraffollata, meglio tenersi del tempo per visitarla senza calca;
- appena oltre le piazze e i canali più noti, si nascondono vie e quartieri di grande bellezza, da esplorare con calma, senza cartina;
- le luci sui canali dopo il tramonto valgono il viaggio.
Sul sito web ufficiale di Visit Bruges, fruibile anche in italiano, trovi tante idee su cosa fare a Brugge in ogni stagione.
Come muoversi a Brugge
Arrivati in treno – la stazione è appena fuori dal centro – abbiamo visitato la città a piedi.
La crociera sui canali è un buon modo per apprezzare la città da un’altra prospettiva, anche se per trenta minuti appena. Io ho avuto l’impressione di partecipare a un giro di giostra nel giorno di punta dei festeggiamenti patronali: incroci di barche e megafoni spiegati in un andirivieni frettoloso che toglie poesia all’esperienza.
Ci sono più compagnie di navigazione, con diversi punti di approdo sui canali, ma tutte offrono il medesimo servizio: stessa rotta tra il Begijnhof e piazza Jan van Eyck, stessa durata, stesso costo.
Cosa mangiare e bere a Brugge
Per prima cosa ti consiglio di assaggiare le birre belghe. Il centro di Brugge ospita uno storico birrificio a conduzione familiare, De Halve Maan, visitabile; noi abbiamo fatto sosta nel suo piccolo caffè esterno per gustare l’ottima Brugse Zot con formaggi e composte locali.
Tra i piatti che più ho apprezzato a Brugge ci sono le cozze servite con patatine fritte (mosselen-friet o, in francese, moules-frites), e la carbonade, uno spezzatino di manzo alla birra, due classici della tavola fiamminga.
E poi i dolci, soprattutto cioccolato, una vetrina ogni due. La migliore cioccolateria di Brugge? La troverai ad ogni incrocio, lungo ogni via (stando alle insegne).
Per uno snack dolce e veloce, ti consiglio i wafels o gaufres, cialde più o meno morbide, più o meno croccanti, spolverate di zucchero a velo e servite, a scelta, con fragole, cioccolato fuso, panna montata e molto altro.
Piccolo appunto: se ordini una cioccolata calda, ti arriverà un bicchiere di latte caldo con schiuma e, accanto, una manciata di cioccolatini da scioglierci dentro.
Brugge con i bambini
Le strade lastricate o acciottolate, marciapiedi compresi, non sono piste perfette per i passeggini, ma le bici (con carrelli porta bimbi) e i passeggini in giro sono tanti: si può fare tranquillamente.
In più ci sono tanti spazi alberati che in estate offrono riparo dal sole, panchine e sedie nei parchi, cigni e anatre nei canali che incantano i piccoli. La nostra bimba, tre anni, ha amato Brugge.
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Spero di averti dato qualche spunto per il tuo viaggio nelle Fiandre a Bruges o Brugge. Contattami per altri suggerimenti, sarò felice di aiutarti. E condividi il post con chi vorresti vivere quest’esperienza!